mercoledì 13 febbraio 2019

Dieci alla cinquantasettesima



Ognuno si commuove come può. Io stamattina mi sono commosso leggendo un libro. Non era un romanzo strappalacrime, né la biografia di un povero cristo che aveva molto sofferto. Non era nemmeno un libro di storia – lo dico perché ho sempre presente una frase di Kurt Vonnegut: la Storia: leggila e piangi.
Era un libro di astrofisica. A pagina 189 ho letto:

Pianeti (1028 grammi), stelle (1033 grammi), galassie (1044 grammi), ammassi di galassie (1045 grammi) e universo osservabile (1057 grammi) formano una gerarchia di masse che permette alla gravità di manifestarsi in tutto il suo splendore.

Ciò che mi ha commosso non è il fatto che qualcuno si sia preso la briga di calcolare la quantità di grammi di un pianeta, di una stella, di una galassia, di un ammasso di galassie o di tutto l'universo visibile. Ciò che mi ha commosso è la straordinaria capacità di sintesi della matematica, che con quattro piccole cifre, un 1, uno 0, più un 5 e un 7 in apice, ci dà accesso a un numero che il nostro cervello non è nemmeno capace di capire. Per dire 1057 dovremmo dire dieci milioni di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi!
Pare che piccole potenze matematiche (quadrati e cubi) fossero già presenti su alcune tavolette babilonesi del -1.700, ma il primo a scrivere le potenze come lo facciamo noi oggi è stato Cartesio, nel '600. Anche tenendo buona la data babilonese, quei 1.900 anni sono uno sputacchio rispetto alla durata della storia dell'umanità, meno di un centotrentamillesimo (ho fatto il calcolo).
Comunque sia, io davanti a cose così mi commuovo esattamente come davanti a un affresco di Piero della Francesca o all'ascolto di un quartetto di Schubert. E non importa se di matematica non ci capisco una mazza e se non sono nemmeno capace di risolvere un'equazione algebrica da terza media, perché non sono neppure capace di disegnare una bottiglia o di comporre una musichetta da niente.
Ci sono stati due momenti nella mia vita, il primo una ventina di anni fa e il secondo tre anni fa, nei quali da un giorno all'altro mi sono trovato davanti al baratro. Sì, quel baratro là. Se me ne sono venuto fuori entrambe le volte non è stato seguendo i consigli degli amici che mi dicevano che dovevo farmi aiutare da qualcuno (bizzarro eufemismo che molti usano, chissà perché, per evitare di dirti che dovresti andare dallo psicanalista), ma andando a visitare musei, ascoltando musica e leggendo. Solo che non leggevo romanzi o poesie consolatorie, leggevo libri di fisica e di matematica.
Non riesco a capire come e soprattutto perché il mondo in cui viviamo sembri avere deciso una volta per tutte che bellezza ed estasi sono riservate all'arte mentre la scienza dovrebbe accontentarsi del semplice raziocinio. Rischio davvero di fare la figura dello strambo se confesso che godo come un grillo a sapere che la luce del Sole ci mette 8 minuti per arrivare sulla Terra o che il peso dell'aria al livello del mare è di più o meno dieci tonnellate al metro quadro e che noi non lo sentiamo perché è compensato dalla pressione interna del nostro corpo? Io trovo strambi quelli che davanti a cose così dicono vabbè. Peggio: provo una certa compassione. Cristiddio!, come si fa a non commuoversi davanti a cose del genere? Davvero è più normale commuoversi davanti alla Resurrezione di Piero? O al secondo movimento della Fanciulla e la morte di Schubert? Io non trovo. 
Forse avrei dovuto nascere indiano. Gli indiani adorano i numeri, ci sguazzano dentro come ippopotami nel fiume. Non solo sono da sempre grandi matematici e hanno inventato sia i numeri «arabi» che lo 0, ma adorano anche semplicemente snocciolare numeri a più non posso. Prendi il Lalitavistara Sûtra, testo buddhista del III secolo che abbiamo tutti su uno scaffale del salotto tra I promessi sposi e Cinquanta sfumature di grigio. Ci troviamo tracce di:

Riunioni di diecimila religiosi, ottantaquattro milioni di Apsara, trentaduemila Bodhisattva, sessantottomila Brahma, un milione di Shakra, centomila dei, centinaia di milioni di divinità, cinquecento Pratyeka-Buddha, ottantaquattromila figli di dei, poi ancora trentaduemila e poi altri trentasei milioni di figli di dei e di Bodhisattva, poi ottomilaquattrocento miliardi di miliardi di divinità.

Non sottovalutiamo nemmeno che se avessimo finalmente incominciato a leggere la grammatica della lingua pâlî che teniamo in bagno ci troveremmo anche i nomi di numeri pazzeschi:

107 = koti
1014 = pakoti
1021 = kotippakoti
1028 = nahuta
1035 = ninnahuta
1042 = akkhobhini
1049 = bindu
1056 = abbuda
1063 = nirabbuda
1070 = ahaha
1077 = ababa
1084 = atata
1091 = sogandhika
1098 = uppala
10105 = kumuda
10112 = pundarîka
10119 = paduma
10126 = kathâna
10133 = mahâkathâna
10140 = asankhyeya

Altro che i miseri 1057 grammi dell'universo visibile! Davvero commovente.
Ma siccome mi capita di commuovermi anche davanti a un buon caffè, mo' ti lascio e vado a farmene uno.

lunedì 4 febbraio 2019

Consigli di ascolto


  • Matching Mole

Un po' di storia. Intorno al 1949 era nato il rock and roll. Frutto della fusione di elementi di blues, country and western, gospel, jazz e rythm and blues allora chiamato race music, musica razziale, perché suonato da musicisti afro-americani il rock ebbe tra i suoi primi interpreti Fats Domino, Sister Rosetta Tharpe, Jimmy Preston e Bill Haley & The Comets. Poi arrivarono Chuck Berry, Bo Diddley, Little Richard, Jerry Lee Lewis e Gene Vincent. Infine Elvis Presley.
Quella musica si diffuse oltreoceano con Cliff Richards nel Regno Unito, Eddy Mitchell e Johnny Halliday in Francia, i Rokes, i Camaleonti e l'improbabile Peppino Di Capri che cantava Let's Twist Again di Chubby Checker. Ai primi del '63 i Beatles ebbero il loro primo successo internazionale con Please Please Me. E nei tre o quattro anni successivi successe di tutto. Stanchi dell'eterno utilizzo dei tre accordi-base MI FA SI7, molti gruppi incominciarono ad abbandonare lo schema canonico per arricchire i loro pezzi di nuove sonorità integrando elementi sia della musica melodica (o musica leggera) che della classica.
Contemporaneamente gli sviluppi degli strumenti (chitarra elettrica e tastiere) e delle tecniche di registrazione, nonché l'arrivo dello stereo sfociarono nella nascita del progressive rock con i Pink Floyd, i Beach Boys, I Byrds, gli stessi Beatles, i Pretty Things e altri. Uno dei gruppi principali di questa nuova tendenza fu Soft Machine, fondato nel '66 a Canterbury dal batterista, tastierista, compositore e cantante inglese Robert Wyatt e dal chitarrista, poeta e cantante australiano Daevid Allen. Quattro anni dopo Wyatt uscì dal gruppo (Allen se n'era andato nel '67, quando il Ragno Unito gli aveva rifiutato il rinnovo del visto di soggiorno) e fondò Matching Mole. Il nome del gruppo è un'omofonia del francese machine molle, traduzione di soft machine, a sua volta derivato dal titolo di un romanzo scritto a Tangeri da William Burroughs e pubblicato nel '61 negli USA e nel '65 in Italia con il titolo La macchina morbida.
Io sono cinquant'anni che ascolto con goduria sempre rinnovata i primi due album dei Soft Machine (The Soft Machine e Volume Two), ma devo dire che anche anche questo doppio CD è anche lui un piccolo capolavoro.




  • Ace of Cups

Anche questo è sia il titolo di un album che il nome di un gruppo. Nato come quintetto nel 1967, l'Ace of Cups ha due particolarità: è composto da sole donne e ha registrato il suo primo album... l'anno scorso. Il nome del gruppo deriva dall'immagine dell'asso di coppe del mazzo di tarocchi Ryder-Waite disegnati dall'esoterista americana Pamela Colman Smith nel 1909. Su quella carta appare una coppa d'oro dalla quale sgorgano cinque zampilli d'acqua. E le donne del gruppo erano per l'appunto cinque, anche se sono soltanto quattro su questo doppio CD.
Le Ace of Cups ebbero un certo successo in California, dove parteciparono anche a concerti con i Grateful Dead, i Jefferson Airplane e Jimi Hendrix. Ma rapidamente alcune di loro incominciarono ad avere dei figli e a quei tempi era impossibile per una donna partire in tournée, magari in autobus, come lo facevano molti gruppi, con un figlio da allattare. Nel '69 poi l'allora chitarrista e oggi bassista Denise Kaufman, che aveva fatto parte dei Merry Pranksters di Ken Kesey, fu ferita gravemente in testa da una bottiglia di birra lanciata non si sa da chi durante l'infausto concerto dei Rolling Stones ad Altamont, dove ci furono quattro morti e numerosi feriti. Denise era incinta e la ferita era grave, ma gli Stones rifiutarono di prestare il loro elicottero per trasportarla in un ospedale di san Francisco. Denise si fece i novanta chilometri in ambulanza, poi fu operata al cervello. Ricontattati più tardi con una richiesta di aiuto finanziario per le spese chirurgiche, gli Stones rifiutarono anche quello. Ma lasciamo perdere.
Ritrovatesi l'anno scorso a quattro, senza la tastierista Marla Hunt, le ormai settantenni musiciste hanno registrato 26 brani – più altri che saranno pubblicati a fine 2019 – avvalendosi anche di contributi canori di Bob Weir (ex-Grateful Dead), Taj Mahal, Peter Coyote (sì, l'attore) e Buffy Sainte-Marie (la cantante indiana Cree il cui grande successo negli anni '60 fu Universal Soldier).
In questo doppio CD c'è tutta l'energia degli anni '60, senza un briciolo di nostalgia. Non sarà un capolavoro, ma di sicuro non è nemmeno un insieme raffazzonato da quattro vecchiette. È musica di quella che ti fa stare bene e ti da voglia di berci sopra una buona birra. Cosa che peraltro vado a fare immediatamente senza nemmeno salutarti.

domenica 27 gennaio 2019

Due libri da leggere

 
 
Ci sono libri che compri per curiosità e libri che compri per certezza. Con i primi sai che corri un rischio, ma è proprio il piacere di quel rischio che te li fa comprare. Chissà, magari li butterai via dopo venti pagine, ma magari ti apriranno nuovi orizzonti, ti susciteranno nuove curiosità, o forse ti offriranno semplicemente momenti di gioia.
Le cose sono molto diverse con i secondi: quell'autore già lo conosci e lo ami, non solo sai che non ti deluderà, ma hai anche la certezza che le ore che passerai in sua compagnia correranno via veloci e dense come una passeggiata in campagna. Sai che ne uscirai più fresco, più pieno di quel qualcosa di indefinibile che solo la lettura ti può dare.
I due libri dei quali sto per parlare non li ho ancora letti. Ma se parlare di libri non letti è un'occupazione salottiera molto più diffusa di quanto si pensi, parlarne quando già ne conosci l'autore è solo voglia di incitare qualcun altro a scoprirlo.
Il primo libro è La pienezza del vuoto di Trinh Xuan Thuan, astrofisico vietnamita, professore all'università della Virginia, nonché ricercatore associato all'istituto di astrofisica di Parigi. Scrive in francese. Ho già letto cinque dei suoi libri. Il più bello, che consiglio vivamente a tutti i curiosi, è Il caos e l'armonia – Bellezza e asimmetrie del mondo fisico, (in francese Le chaos et l'armonie – La fabrication du Réel) edito da Dedalo nel 2000. È una lunga e affascinante passeggiata di più di 500 pagine attraverso l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo che si legge quasi come un romanzo. È un libro semplice, chiaro e affascinante.
Ho poi letto La mélodie secrète – Et l'homme créa l'univers del 1991, inedito in Italia, Origines – La nostalgie des commencements, anche lui inedito, Dal Big Bang all'Illuminazione (in francese L'univers dans la paume de la main – Du big bang à l'Éveil), scritto con il monaco tibetano francese Matthieu Ricard, e Les voies de la lumière – Physique et métaphysique du clair-obscur, pure lui purtroppo inedito da noi.
Tanto per darti un'idea, nella mia personalissima lista di divulgatori scientifici preferiti Trinh è al primo posto, in compagnia dell'irakiano-inglese Jim Al-Khalili (del quale ti consiglio in particolare La casa della saggezza – L'epoca d'oro della scienza araba) e del nostro Carlo Rovelli (imperdibili i suoi Che cos'è la scienza – La rivoluzione di Anassimandro e La realtà non è come ci appare – La struttura elementare delle cose, nonché i più conosciuti Sette brevi lezioni di fisica e L'ordine del tempo). Autori come Stephen Hawking, Martin Rees, James Gleick e Guido Tonelli, benché ottimi, li metto un gradino sotto.
Pare che Trinh abbia scritto queto libro per tutte le "persone di buona volontà" interessate alle nozioni scientifiche e filosofiche sviluppate nei secoli sul tema del vuoto. Come dire che l'ha scritto per me; ma mi auguro anche per te.
Davvero, non perderti Trinh.


Tutt'altra lettura sarà quella di Le migliori menti della mia generazione di Allen Ginsberg. Il titolo viene evidentemente dal primo verso di Urlo, mitica poesia del 1955-'56, che nella traduzione di Fernanda Pivano incomincia così:

Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche
trascinarsi per strade di negri all'alba in cerca di droga rabbiosa,
hipsters dal capo d'angelo brucianti per l'antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte,
che in miseria e stracci e occhi infossati stavano su imbottiti a fumare nel buio soprannaturale di soffitte a acqua fredda galleggiando sulle cime delle città contemplando jazz,
che si squarciavano cervelli al Cielo sotto la Elevated e vedevano angeli Maomettani illuminati barcollanti su tetti di casermette
che passavano per le università con freddi occhi radiosi allucinati di Arkansas e con tragedie Blakiane fra gli studiosi della guerra [ecc.]

Scrive con giustezza il poeta e slammer comasco Simone Savogin in un articolo su La lettura, supplemento al Corriere della sera:

E pensare che quando uno legge Urlo sente una sorta di richiamo a fare altrettanto, uno apre le braccia e ride e pensa un misto tra «la voglio scrivere anch'io una cosa così» e «chiunque può scrivere una cosa così», ma poi sbatte a viso aperto contro tutte le sovrastrutture che ci portiamo addosso e che non sappiamo scrollarci via e dalle quali non sappiamo scappare.

Questo però non è un libro di poesie, è una serie di lezioni su Kerouac, Burroughs, Corso e sé stesso nelle quali, secondo Savogin, si sente tutto l'amore per le persone che ha conosciuto e ammirato, si sente tutta l'urgenza di conoscere e far conoscere, si prova la sua stessa estasi nell'analizzare passaggi con una nuova cognizione di causa.
Di Ginsberg ho il ricordo ancora vivissimo di quando lo vidi declamare una sua poesia in pubblico, una sera dell'autunno del '74, a San Francisco. A quella serata partecipavano anche il celestiale Lawrence Ferlinghetti, la splendida Anne Waldman – che di questo libro ha scritto la prefazione e altri due o tre poeti beat. Ginsberg lesse American for Sale, poesia forse mai pubblicata visto che non ne trovo traccia su internet. Se ne stava seduto per terra in proscenio suonando un organetto indiano e salmodiandoci sopra i suoi versi ripetitivi in quello stile whithmaniano-rabbioso che lo rendevano così ammaliante, seducente e roccioso. Momenti indimenticabili.
Mo' ti lascio e corro in libreria a comprarmeli, questi due libri. L'unico problema poi sarà decidere quale leggere prima. Mi sa che farò a testa o croce.

giovedì 6 dicembre 2018

Il mio amico Nicola



Secondo la formula classica, siamo ormai sotto Natale e infatti il Natale ci domina con le sue pubblicità di profumi e gioielli, i suoi addobbi cittadini, la frenetica ricerca di regali sempre più tecnologici e una generica celebrazione dell'inutile e del superfluo, con la rassicurante scusa che tutto questo «fa bene all'economia». È quindi normale che sulle pagine Facebook di molti miei amici nord ed est europei ricominci ad apparire Babbo Natale, ovvero San Nicola, Sankt Nikolaus, Saint Nicholas, Sveti Nikolaj, Sint Nicolaas, Άγιος Νικόλαος, o magari Šventasis Mikalojus, da noi meglio noto come omonimo di quel Nicola di Bari la cui interpretazione di Piangerò al Cantagiro del 1965 costituì uno dei momenti più alti della creatività nostrana (se sei troppo giovane per ricordartene o anche solo per sapere cos'era il Cantagiro fidati di me).

San Nicola di Bari, dunque. Che con Bari non c'entrava assolutamente niente fino a quel giorno del 1087 in cui 62 marinai pugliesi non ne rubarono le ossa da una chiesa ortodossa di Myra, città che durante la vita del Nostro faceva parte della lega licia, nel sud-ovest della Turchia. Più tardi, seguendo la grande tradizione cattolica di furti feticisti, metà del suo scheletro fu peraltro rubato ai baresi dai veneziani, ma non importa. Ciò che importa è che con tutti i fanatici guerrafondai che si misero a passare da Bari all'epoca delle crociate, San Nicola diventò sempre più popolare, fino a diventare patrono della Lorena e di Amsterdam e a soppiantare nientepopodimeno che Dio stesso presso le popolazioni nenezie della Jamalia e della Nenezia, che lo chiamano Mikkulai. Per i miei due o tre lettori che ignorassero cosa siano la Jamalia e la Nenezia, ricordo che i due territori si trovano al nord degli Urali, appena a ovest del Krasnojarsk o, se preferisci, a nord del Chantia-Mansia.

Ma dopo questo sfoggio di cultura geografico-wikipediana, torniamo all'amico Nicola e in particolare alle sue abitudini natalizie.

Non faccio per vantarmi, ma io San Nicola l'ho incontrato personalmente di persona. Mo' ti racconto. Per uno di quegli strani impulsi che spingono talvolta noi umani a compiere atti sconsiderati, una quindicina di anni fai qualcuno mi invitò a partecipare a un festival teatrale nella ridente, ma mica tanto, cittadina di Rovaniemi. Il mio primo impulso alla ricezione della mail di invito fu naturalmente di guardare su Wikipedia dove cacchio si trovasse quel posto dal nome forse indonesiano, ma chissà – vai a sapere – forse basco o amazzone. È così che scoprii che Rovaniemi altro non è che la capitale della Lapponia finlandese, anche se quelli che noi chiamamo lapponi e che in realtà si chiamano sami la chiamano Sápmi. Ora, sapendo noi tutti che il circolo polare artico si trova a 66°33'39'' di latitudine nord, grande fu la mia sorpresa vedendo che Rovaniemi si trova a 66°30'08''!

Perbacco – mi dissi ma quella differenza di 3' e 31'' indica chiaramente che quel posto è a meno di 10 chilometri a sud del circolo polare!

E infatti così è. Ciò che ignoravo era che proprio a cavallo (si fa per dire) del circolo polare i rovaniemesi avessero messo su il Joulupukin Pajakilä, ovvero il villaggio di quel Santa Claus che altri non è che il nostro amico San Nicola di Bari, Venezia e Myra. E gli organizzatori del festival mi ci hanno portato.

Non ti sorprenderà sapere che il luogo assomiglia molto più a un centro commerciale che a un villaggio lappone. Forse ciò che ti sorprenderà è invece che circolo polare in finlandese si dica napapiiri e soprattutto che la marca Napapijri, sui prodotti della quale appare sempre una bandiera chissà perché norvegese, sia stata fondata alla fine degli anni '80 dall'italianissima ancorché valdostana Signora Giuliana Rosset, che nel 2005 la vendette poi all'americana Vf Corporation. Ma smettiamo di divagare a torniamo a Santa Claus.

Dopo avere vagato per un po' per la vasta zona commerciale dove era possibile acquistare (pochi) oggetti dell'artigianato lappone e (tantissimi) maglioni, pigiama, ciabatte, bicchieri, bottiglie, pile (nel senso di pail), piatti, magliette e quant'altro con l'effigie di Babbo Natale, giunse il momento di fare la sua conoscenza. Con un gruppetto di una dozzina di colleghi entrammo nella sua casa. Prima di tutto attraversammo un lungo corridoio lungo il quale si trovavano tutta una serie di enormi ingranaggi e ruote dentate in legno che giravano provocando rumori inquietanti. Chiesi la ragione di quello strano armamentario e mi fu spiegato che siccome secondo la tradizione locale durante la notte di Natale Santa Claus ha l'obbligo di fare visita a tutte le case del mondo, rallenta il movimento della Terra agendo su quegli ingranaggi, in modo che la notte duri più a lungo. Attendemmo alcuni minuti davanti a una porta chiusa a lato della quale c'era una luce rossa, poi quando la luce diventò verde potemmo entrare in un enorme stanzone nel quale, attorniato da centinaia di pacchi e pacchetti infiocchettati, stava seduto il Santo. A rischio di deluderti, devo dirti che non portava il costume rosso inventato dal disegnatore statunitense Thomas Nast nel 1862 per il settimanale Harper's Weekly e ripreso nel 1931 da Haddon Sundblom per una pubblicità della Coca-Cola, bensì quello più dimesso di un cacciatore finlandese. Per nostra fortuna parlava inglese, il che ci permise di scambiare qualche banalità sulla pace nel mondo e sul mestiere del marionettista che, come tutti sappiamo, offre abbondanti dosi di felicità ai pargoli dei cinque continenti. È solo all'uscita che, vedendo sui muri di un altro corridoio le foto nelle quali apparivamo in compagnia del vecchio barbuto, foto in vendita a 25€ l'una, ci rendemmo conto di quale fosse stata la vera finalità di quella conversazione che si era protratta al di là del ragionevole.

In questa stagione il vicino aeroporto funziona al limite delle sue capacità a causa dei numerosi charter provenienti da vari Paesi d'Europa, ma anche da Israele e dal Giappone (!), che arrivano carichi di turisti desiderosi di vivere un'esperienza come la mia, dormendo magari all'hotel Santa Claus Holiday Village e gustando una bistecca di renna in uno dei ristoranti di Rovaniemi. Tanto per darti un'idea, l'anno scorso l'aeroporto ha accolto quasi 600.000 viaggiatori. Il che la dice lunga sullo stato delle connessioni neuronali della razza umana, ma non importa.

Certo di avere fatto cosa gradita mettendo a tua disposizioine tutte queste preziose informazioni, mo' vado alla Coop a comprarmi un panettone.



P.S. Come sempre, è solo dopo avere scritto questo post che ho cercato un'immagine per illustrarlo. Mi sono così accorto con sconcerto che ormai anche al mio amico di Rovaniemi è stato affibiato un ridicolo copricapo rosso con un informe gilet dello stesso colore. O tempora! O mores!

mercoledì 5 dicembre 2018

La lettera su Dio di Einstein



I giornali di questa mattina parlano della vendita all'asta di una lettera manoscritta di Albert Einstein per 2 milioni e 892.500 dollari. Lasciamo perdere il fatto che lo stesso documento fosse stato venduto nove anni fa per 400.000 dollari e che gli esperti gli avessero recentemente attribuito un valore tra il milione e il milione e mezzo. Sono solo le solite fesserie da miliardari.
Ciò che mi interessa è che la lettera è nota come lettera su Dio. Einstein la scrisse il 3 gennaio del '54 a Eric Gutkind, filosofo ebreo che aveva lasciato la Germania nel '33. Due anni prima, Gutkind aveva pubblicato Choose Life: The Biblical Call to Revolt. Il libro era stato consigliato a Einstein dal matematico e filosofo olandese L.E.J. Brouwer.
L'articolo che ho letto questa mattina mi ha dato voglia di rileggere quel breve scritto che già conoscevo, ma cercando su internet non ho trovato nessuna traduzione integrale in italiano. Non conoscendo il tedesco, sono partito da una traduzione inglese (macchinosa) e da una francese (assai libera) per farne una italiana. Ho mantenuto la punteggiatura di Einstein – visibile su una foto del manoscritto – e il suo stile un po' complesso, soprattutto nel primo capoverso.
Inutile precisare che se te ne propongo la lettura è perché mi trovo essenzialmente d'accordo sul contenuto.

Princeton, 3 Gennaio 1954 
 
Caro Signor Gutkind!

Ispirato dai continui consigli di Brouwer ho letto gran parte del suo libro in questi ultimi giorni e la ringrazio di avermelo mandato. Ecco le cose che mi hanno particolarmente colpito. Riguardo al nostro modo di vedere la vita e la società umana siamo molto simili: un ideale che va al di là del personale che si batte per la libertà dai desideri individuali, si batte per fare dell'esistenza qualcosa di più bello e più ricco, con un'enfasi sul puramente umano, dove le cose inanimate sono viste solo come mezzi ai quali non si dovrebbe dare un ruolo dominante. (È in particolare questo modo che ci trova d'accordo su una vera “attitudine non-americana”)
Detto questo, se non fosse stato per l'incoraggiamento di Brouwer, non avrei mai pensato di immergermi nel suo libro, che è scritto in un linguaggio a me inaccessibile. Per me, la parola Dio non è altro che l'espressione e il prodotto delle debolezze umane, la Bibbia una raccolta di leggende onorevoli ma estremamente primitive. Non c'è interpretazione, per quanto acuta, che possa cambiare le cose (per me). Queste interpretazioni rarefatte sono per natura estremamente variegate e non sono quasi mai in relazione con il testo originale. Per me, l'autentica religione ebraica, come tutte le religioni, è l'incarnazione di una superstizione primitiva. E il popolo ebreo, del quale sono felice di fare parte e alla cui mentalità mi sento ancorato, non ha nessuna dignità diversa da quelle di altri popoli. Nella mia esperienza, non è nemmeno migliore di altri gruppi umani, anche se è protetto dai peggiori eccessi da una mancanza di potere. In altri termini non vedo niente di “eletto” in lui.
In generale mi addolora che lei reclami una posizione privilegiata e cerchi di difenderla attraverso due muri d'orgoglio, uno esterno come essere umano e uno interno come ebreo. Come umano lei reclama almeno in parte una dispensa dalla casualità generalmente accettata, come ebreo un privilegio monoteista. Ma una causalità limitata non è più una causalità, come il nostro meraviglioso Spinoza fu il primo a riconoscere in maniera incisiva. E l'idea animista di religioni naturali non è, per principio, resa nulla dal monopolio. Questi muri ci porteranno solo a un certo auto-imbroglio; ma i nostri sforzi morali non ne sono rafforzati. Piuttosto il contrario.
Ora che ho esposto apertamente le nostre differenze intellettuali, per me resta chiaro che siamo vicini l'uno all'altro nell'essenziale, cioè nella valutazione del comportamento umano. Ciò che ci separa è solo patina intellettuale o “razionalizzazione” in linguaggio freudiano.

Con i miei ringraziamenti e i miei saluti,
Suo,
Albert Einstein


giovedì 1 novembre 2018

13,7 miliardi di anni di storia



13,7 miliardi di anni fa, nascita dell'universo; tra 10,1 e 6,5 miliardi di anni fa, formazione della Via Lattea; 4,57 miliardi di anni fa, formazione del Sole; 4,54 miliardi di anni fa, formazione della Terra; 3,5 miliardi di anni fa, nascita dei primi batteri; 4,533 milioni di anni fa, formazione della Luna; 750 milioni di anni fa, inizio della separazione dei continenti 500 milioni di anni fa, nascita dei primi pesci; 450 milioni di anni fa, prima glaciazione e prima estinzione perisce l'85% delle specie viventi; 375 milioni di anni fa, seconda glaciazione e seconda estinzione perisce l'82% delle specie viventi; 300 milioni di anni fa, nascita dei primi rettili; 250 milioni di anni fa, terza glaciazione e terza estinzione perisce il 96% delle specie viventi; 240 milioni di anni fa, nascita dei primi uccelli; 200 milioni di anni fa, quarta glaciazione e quarta estinzione perisce il 76% delle specie viventi; 200 milioni di anni fa, nascita dei primi mammiferi 65 milioni di anni fa, quinta estinzione periscono i dinosauri e il 75% delle specie viventi; 55 milioni di anni fa, nascita dei primi primati; 2,4 milioni di anni fa, Homo habilis; 1,8 milioni di anni fa, Homo erectus; 450.000 anni fa, Homo neanderthalensis; tra 300.000 e 200.000 anni fa, Homo sapiens; 70.000 anni fa, Homo sapiens esce dall'Africa; 65.000 anni fa, Homo sapiens arriva in Australia; 50.000 anni fa, controllo del fuoco; 15.000 anni fa, Homo sapiens arriva in America; 11.500 anni fa, nascita dell'agricoltura, Homo sapiens si sedentarizza; 5.200 anni fa, rivoluzione cognitiva, invenzione della scrittura; ● da 5.100 a 2.040 anni fa, impero egiziano; 3.750 anni fa, prime leggi scritte codice di Hammurabi; 3.600 anni fa, prima monarchia costituzionale - Ittiti 3.500 anni fa, nascita dell'induismo; 3.200 anni fa, nascita della filosofia, in India; da 3.200 a 650 anni fa, impero mongolo dalla Mongolia all'Adriatico; 3.000 anni fa, nascita dell'ebraismo; 2.700 anni fa, prime monete; 2.600 anni fa, nascita della filosofia greca, della democrazia e del buddhismo; da 2.240 a 106 anni fa, impero cinese; da 2.070 a 740 anni fa, impero Chola India del Sud, Indonesia, Sud-Est asiatico; da 2.045 a 1.623 anni fa, impero romano  2.000 anni fa, nascita del cristianesimo; da 1852 a 1542 anni fa, invasioni barbariche dell'Europa; da 1.843 a 1.738 anni fa, Guerra dei Tre Regni, la più sanguinosa della storia in proporzione alla popolazione mondiale; 1560 anni fa, introduzione dello zero in un sistema di numerazione posizionale - Lokavibhaga, India ● da 1542 a 526 anni fa, Medioevo europeo; da 1.700 a 950 anni fa, impero del Ghana; 1.400 anni fa, nascita dell'Islam; da 1260 a 760 anni fa, califfato di Baghdad; ● 1212 anni fa, prime banconote imperatore Xian Zong, dinastia Tang; 977 anni fa il cinese Bi Sheng inventa la stampa a caratteri mobili (in terracotta); 958 anni fa, primo testo scritto in italiano Placito cassinese; 900 anni fa, invenzione in Cina della prima arma da fuoco;da 780 a 370 anni fa, impero del Mali; da 650 a 450 anni fa, Rinascimento europeo; 550 anni fa, rivoluzione scientifica; 525 anni fa, inizio della colonizzazione europea di America, Africa, Asia e Oceania; 500 anni fa, nascita del capitalismo in Inghilterra; da 500 a 45 anni fa, era coloniale; da 300 a 180 anni fa, tratta degli schiavi; 230 anni fa, dichiarazione universale dei diritti dell'uomo; da 258 a 188 anni fa, prima rivoluzione industriale in Inghilterra; ● 148 anni fa, seconda rivoluzione industriale; 101 anni fa, prima rivoluzione comunista; da 100 anni fa a oggi, teoria della relatività generale e fisica quantistica; 50 anni fa, rivoluzione informatica; da 40 anni fa a oggi, internet.